Ekecheiria

15

Apr 2016

Ekecheiria

Ma come può esserci uno dei più ricchi Musei Archeologici lombardi in un paese agricolo di poco più di tremila abitanti?

Eppure c’è; eccome!

Nel 1965, per una serie di fortunate circostanze e grazie alla lungimirante fiducia di Mario Mirabella Roberti, allora Soprintendente all’archeologia della Lombardia, venne autorizzata la costituzione del Gruppo Archeologico Cavriana, un sodalizio di “giovani volontari” dediti al recupero di quanto affiorava copiosamente nei campi di questa zona e me ne fu affidata la direzione scientifica, che continua tuttora.

Sinceramente, allora non avrei mai potuto immaginare quanto sarebbe avvenuto nei cinquant’anni successivi. L’anno seguente, il professor Ferrante Rittatore VonWiller dell’Università Statale di Milano mi affidò, con il benestare del Soprintendente, la prosecuzione dei suoi scavi nella palafitta di Bande di Cavriana e da lì iniziò il percorso di tutela, ricerche, restauro e studi che, da allora, non ha più subito soste. In questo lungo periodo, sempre grazie alla ormai consolidata e collaudata esperienza del Gruppo Archeologico - integrato da un alternarsi di volontari, studenti e specialisti bresciani, mantovani, milanesi, veronesi, ecc., e grazie al sempre ottimo rapporto con le istituzioni dello Stato e della Regione, si proseguirono gli scavi nella palafitta di Bande e si iniziarono quelli nel nuovo sito di Castellaro Lagusello – siti dell’Età del Bron-zo di straordinaria valenza documentale e scientifica, al punto da essere riconosciuti e inseriti nel 2011 dall’UNESCO nel patrimonio mondiale dei siti palafitticoli dell’Arco Alpino. Oltre a questi, nel corso degli ultimi 50 anni si identificarono e studiarono inoltre tre abitati neolitici, ben nove edifici romani databili dall’età augustea al tardo antico, due grandi necropoli, un luogo di culto di origine gallica, la Rocca gonzaghesca ed una cinquantina di altre località di notevole importanza per la documentazione della storia locale, dal Neolitico al Rinascimento (A. Piccoli, Introduzione ai siti archeologici dell’alto Mantovano, Edizioni del Museo, Cavriana, 2015, it./ing.). Ma a questo punto ci si chiede: beh; ed il Museo? Nel primo atto statutario del sodalizio era stata inserita, con un certo coraggio, la volontà di valorizzare localmente i materiali rinvenuti, cosa al tempo abbastanza inaudita.

Visti i risultati, ci venne concesso di sviluppare l’ambizioso progetto, ed il 20 luglio del 1969, poche ore prima che Neil Armstrong scendesse sulla Luna, il Soprintendente inaugurò il primo Antiquarium, collocato in un paio di stanze della torre duecentesca adiacente alla Parrocchiale di Cavriana. Questo evento scatenò un putiferio di segnalazioni e di suggerimenti da parte del mondo agricolo locale che finalmente era in grado di comprendere il significato di quei cocci e di quelle “préde” (pietre; cosi venivano definiti i numerosi manufatti in selce, anche pregevoli, in dialetto mantovano) con i quali convivevano da generazioni. Da allora i rapporti con i nostri contadini divenne ottimale e dobbiamo a loro alcune delle più significative scoperte; quelle stesse che, nel giro di pochi anni, resero necessario ampliare le superfici espositive del museo archeologico. Grazie all’Ente Comunale Assistenza di allora, nel 1979 ci vennero concessi ampi spazi nell’ambito della settecentesca “Villa Mirra” (ora di proprietà comunale), edificio con un ricco passato storico, ma disabitata da anni. Tra l’altro, alla conclusio-ne della Battaglia di Solferino e S. Martino fu sede dei QQ.GG. di Francesco Giuseppe (1859) e più tardi di Napoleone III (1859). Conclusi gli indispensabili restauri, nel 1983 si inaugurò la nuova sede ed oggi il Museo consta di una parte espositiva di tredici sale, comprendenti una sezione naturalistica e antropologica, le tre sezioni archeologiche fondamentali (Preistorica, Romana, e Medioevo/Rinascimentale), la stanza con arredi originali occupata da Napoleone III nel giugno del 1859 e due salottini con cimeli risorgimentali rinvenuti in quest’area piena di storia da millenni.

A ciò si aggiungono vasti ambienti per uffici, sale studio e laboratori, ed una biblioteca specializzata, contenente circa 5000 volumi a disposizione di studiosi, istituzioni, università e di chi ne possa essere interessato. Lo staff è composto esclusivamente da volontari, anche se molto selezionati, di cui tre archeologi (il direttore, un conservatore e la responsabile della didattica), un conservatore naturalista, un bibliotecario, altro personale tecnico ed amministrativo e tre operatrici didattiche; tutti con importanti esperienze gestionali e direttive in diversi campi industriali. In realtà un CDA che permette una gestione autonoma dell’Istituto ad alto livello professionale e di ricerca, praticamente a costo zero per la comunità, ma di grande interesse per la comunità stessa, sia essa scientifica che di semplici appassionati. Ecco perché il nostro museo, pur nelle croniche difficoltà finanziarie della gestione ordinaria, oltre alla pura componente espositiva, è in grado di fornire un’ampia serie di servizi quali: attività didattiche per ogni tipo di scuola, dalle primarie all’Università, QR Code in grado di trasmettere la descrizione di ogni vetrina a cui si riferiscono, direttamente sugli smartphone dei visitatori sia in formato au-dio che scritto, in più lingue e, per chi non avesse smartphone, audioguide plurilingue, (anche per ipoudenti quasi totali, essendo questa un’assoluta novità) e programmi specifici per non vedenti con guida in caratteri Braille, plastici e riproduzioni per esperienze tattili. Fin dalle origini si pensò alla diffusione dei risultati, dapprima con iniziative locali, poi con una lunga serie di attività congressuali (anche internazionali), mostre e altresì con una propria attività editoriale di cui fan parte: la rivista Annali Benacensi, giunti quest’anno al XV volume, e la Collana di Archeologia Padana. Tutto questo materiale è oggi presente anche in 160 biblioteche e istituti universitari europei, con i quali sono attivi da anni rapporti di reciproco scambio. Tutte queste iniziative scientifiche sono state realizzate grazie all’attenta gestioni di contributi concessi in passato da parte di Enti (Regione, Provincia e Comune), da banche e da qualche benefattore privato per essere appositamente finalizzati per il bene sia della comunità scientifica, sia dei comuni visitatori ed appassionati.

Cito solo le più recenti. Il Congresso Internazionale e la Mostra sulle Tavolette enigmatiche Europee del 2010, che ha visto riuniti a Cavriana i più noti studiosi europei dell’argomento (volume “Enigma” Ed “An-nali Benacensi XV” con gli Atti del Congresso) e la mostra: “Back to the roots - alle radici del cibo Cavriana 4,000 years ago - Bread & wine in a pile-dwelling - Pane e vino in palaffitta”, collegata al Padiglione Italia di EXPO 2015.

Ora stiamo cercando di migliorare una nostra lacuna: la comunicazione.

Inutile gestire un gioiello dell’Italia storica, se poi pochi ne conoscono l’importanza e la dislocazione.

Può sembrare assurdo, ma siamo più noti a livello scientifico e all’estero, che non al grande pubblico nostrano, nonostante Cavriana sia un luogo assai caratteristico e gradevole, non solo per lo splendido panorama delle colline moreniche del Garda, ma anche per le indubbie attrat- tive enogastronomiche.Perché non venite a controllare?

Adalberto Piccoli